sabato 4 luglio 2015

Crisi €uro-pea: un libro e un docufilm


Per la crisi europea in corso, la parafrasi della citazione di Norberto Bobbio sembra, tra le molte, quella che più si addice per introdurre un tema dove i dubbi (tanti) prevalgono sulle certezze. Tra l'abnorme (forse troppa) mole di materiali / scenari prodotti sull'onda dell'imminente referendum greco, 2 sono i "prodotti"  mediatici (non recentissimi, peraltro) oggetto di attenzione in questo post:

=> un libro del Prof. Sergio Fabbrini
=> un docufilm di Annalisa Piras e Bill Emmot




IL LIBRO (di seguito una brevissima sintesi):

Sergio Fabbrini sostiene che l'Unione europea (UE) è costituita da stati che perseguono finalità diverse, piuttosto che semplicemente muovendo nella stessa direzione a velocità diverse. Egli descrive le prospettive alternative l'UE (una comunità economica, un'unione intergovernativo, e un sindacato parlamentare), che ha portato a più compromessi nella sua struttura e mostra come la crisi dell'euro li ha chiamati in causa. Il libro sostiene che un nuovo ordine politico europeo è necessario per far fronte alle conseguenze della crisi, sulla base di una differenziazione istituzionale tra i paesi membri dell'UE interessati solo mercato di co-operazione e quelli più interessati ad avanzare verso una vera unione economica e monetaria. Tale differenziazione consentirebbe quest'ultimo gruppo a diventare un'unione politica, concettualizzato come unione composto di Stati e di cittadini, mantenendo un quadro riveduto di un mercato unico in cui entrambi i gruppi di Stati possono partecipare.
=> Propone un nuovo modo di guardare l'UE
=> Riflette le diverse prospettive di integrazione nell'UE
=> Analizza come la crisi dell'euro ha trasformato la struttura e la funzione dell'UE

Il processo di integrazione europea può essere visto come cammino graduale verso un’unione federale. Ma è stato un cammino più tortuoso e meno «pulito» di quelli svizzero e statunitense, soprattutto a causa delle divergenze fra gruppi di Stati circa la destinazione finale.
Per un primo gruppo, guidato dal Regno Unito, con i Paesi nordici e, in buona misura, quelli centro-europei, la Ue deve limitarsi a essere una comunità economica, un grande spazio per gli scambi di mercato. Londra non vuole sentir parlare di federalismo. Durante i negoziati per il Trattato costituzionale europeo, nei primi anni Duemila, gli inglesi si rifiutavano persino di pronunciare quella parola e usavano un’abbreviazione dispregiativa: the f-word. Per i Paesi continentali, la Ue deve invece trasformarsi in una vera unione federale. Ma all’interno di questo gruppo si oscilla fra due possibili modelli: quello dell’unione parlamentare, ossia, mutatis mutandis, una democrazia rappresentativa modellata sull’esperienza degli Stati nazionali; e quello dell’unione intergovernativa, cioè una forma di cooperazione stabile fra governi nazionali su alcune politiche strategiche. Tradizionalmente, Germania e Italia erano schierate a favore del primo modello, la Francia del secondo.

Fabbrini osserva giustamente che i tre tipi di unione coesistono oggi l’uno accanto all’altro in maniera confusa e incoerente. Il Trattato di Lisbona (2009) ha  bailcercato di fare un po’ d’ordine, ma senza riuscirvi fino in fondo. Quel che è peggio, durante la crisi i Paesi dell’Eurozona hanno rafforzato la cooperazione intergovernativa (vedi il fiscal compact, un trattato separato da Lisbona per il governo macro-economico dell’Eurozona), rendendo il sistema ancora più complesso.


Che fare? Fabbrini propone una triplice ricetta: separare, ricomporre, connettere. Innanzitutto, prendere atto delle divergenti finalità fra i due gruppi di Paesi ed estrarre la comunità economica dall’alveo dell’unione federale, delineando per la prima un sistema di gestione semplice e leggero.

IL DOCUFILM: (di seguito una breve presentazione)

Buona visione